PUBBLICAZIONI:
PER L’EMITTENTE DI FATTURE FALSE ILLEGITTIMO IL SEQUESTRO PER EQUIVALENTE DISPOSTO PER IL RISPARMIO DI IMPOSTA CONSEGUITO DALL’UTILIZZATORE
P. Pasquinuzzi e M. Urban, in Riv. Il Tributo
ilTributo.it - n.24 - 2016



Per l’emittente di fatture false illegittimo il sequestro per equivalente
disposto per il risparmio di imposta conseguito dall’utilizzatore - Studio Legale Traversi - studio legale auto riciclaggio Firenze

PER L’EMITTENTE DI FATTURE FALSE ILLEGITTIMO IL SEQUESTRO PER EQUIVALEN­TE DISPOSTO PER IL RISPARMIO DI IMPOSTA CONSEGUITO DALL’UTILIZZATORE
Commento a Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza n. 43952 del 18 ottobre 2016
di Paola Pasquinuzzi e Martina Urban

In tema di fatture per operazioni inesistenti, con la recente sentenza 18 ottobre 2016, n. 43952 la Suprema Corte ha ribadito che in tema di reati tributari la confisca (nonché il sequestro ad essa finalizzato) ha ad oggetto il profitto dei reato derivante dal tipo di condotta criminosa perpetrata nello specifico.
Nell’ipotesi di delitto di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, l’art. 2 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, punisce colui che indichi nella dichiarazione relativa alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto elementi passivi fittizi al fine di evadere dette imposte, avvalendosi, appunto di fatture per operazioni oggettivamen­te o s oggettivamente inesistenti.
In tal caso, il profitto confiscabile corrisponde all’indebito risparmio di imposta e, cioè, all’im­porto dei tributi evasi, nonché dei relativi interessi e sanzioni.
Sul punto, la Suprema Corte ha infatti affermato che “con riferimento ai reati tributari, il seque­stro finalizzato alla confisca per equivalente va riferito al complessivo ammontare dell'imposta evasa, che indubbiamente costituisce un vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e - per come tale - riconducibile al concetto di ‘profitto’, costituito dal rispar­mio economico da cui consegue l'effettiva sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui beneficia il reo evasore, maggiorati degli interessi e delle sanzioni” (cfr. Cass. Pen., Sez. IV, 16 dicembre 2015, n. 4567).
Diverso è il caso del soggetto chiamato a rispondere del delitto di “emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, di cui all’art. 8 del citato D.Lgs. n. 74/2000, dal momento che questi – pur agendo a fine di consentire a terzi l’evasione - non consegue propriamente un risparmio di imposta.
Di regola, infatti, il vantaggio conseguito dall’emittente corrisponde più che altro ad un com­penso pagato direttamente dall’utilizzatore, in cambio della fattura falsa.
Pertanto, nei confronti di colui che è chiamato a rispondere del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro finalizzato alla futura confisca per equivalente non può quindi essere applicato in misura corrispondente al risparmio di imposta che ne è derivato per colui che ha utilizzato tali fatture, facendo figurare elementi passivi fittizi nella propria dichia­razione.
Da tali considerazioni muove la Corte di Cassazione, nella sentenza 18 ottobre 2016, n. 43952, affermando che, per colui che ha emesso le fatture false, il sequestro finalizzato alla futura confisca è limitato al profitto effettivamente conseguito e, cioè, all’importo del “compenso” ricevuto per la condotta criminosa.
In particolare, nella decisione in commento, la Suprema Corte ritiene che “l'utilizzatore con­segue un profitto pari al risparmio di imposta che deve tenersi distinto dal profitto eventuale dell'emittente, pari al prezzo (compenso) per l'emissione delle fatture, di regola molto inferiore al profitto dell'utilizzatore”.
Non è condivisibile l’assunto del Procuratore della Repubblica per cui sarebbe stato possibile applicare il sequestro per equivalente per un importo pari all’imposta evasa sia nei confronti dell’utilizzatore che dell’emittente, quali obbligati in solido.
Se, in generale, nei reati tributari il principio di solidarietà è da ritenersi sussistente per tutti coloro che partecipano alla realizzazione del delitto sulla base dell’orientamento giurispruden­ziale prevalente, diverso è il caso dell’emittente di fatture false.
Infatti, l’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000 esclude espressamente il concorso di persone tra l’emit­tente e l’utilizzatore di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, in deroga ai principi generali di cui all'110 cod. pen.
Ciò significa che l’utilizzatore non può essere chiamato a rispondere del delitto di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000 e, contemporaneamente, di quello di dichiarazione fraudolenta a titolo di concorso con l’utilizzatore.
Pertanto, ai fini della confisca per equivalente, tra emittente ed utilizzatore non sussiste la solidarietà, che vale unicamente nei casi di illecito plurisoggetttivo, con la conseguenza che la suddetta confisca avrà ad oggetto il profitto che deriva specificamente dalle condotte crimi­nose ascritte.
In definitiva, nei confronti dell’emittente non è applicabile la confisca per equivalente dell’im­porto equivalente al risparmio di imposta, che attiene alla condotta criminosa del solo utiliz­zatore delle fatture false.
Nell’ipotesi di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000 non rimane quindi che il sequestro del profitto del reato conseguito direttamente dall’emittente e, cioè, del compenso eventualmente ricevu­to per la sua azione criminosa.
Oltretutto, la misura di tale “compenso” deve essere specificamente provata da parte dell’Au­torità Giudiziaria, altrimenti il sequestro è da ritenersi illegittimo.
Nel caso di specie, la Suprema Corte conferma la decisione del Tribunale del riesame, che aveva annullato il decreto di sequestro preventivo ritenendo, in fatto, non provato il pagamento di un compenso per l'emissione "trattandosi di eventualità verosimile ma non necessaria né pertanto implicitamente sostenibile".
Di conseguenza, in assenza di prova circa l’esistenza e l’entità di tale “compenso”, l’eventuale sequestro è illegittimo.







Sede

Via Benedetto Varchi n.9,
50132 Firenze

Legal

P. IVA: 01132510486
Privacy
Cookie

Login